domenica 6 giugno 2010

"Mi pesa non aver trovato gli assassini dei milanesi Fausto e Iaio"

Il libro: "Dalle Br ad Abu Omar, l' Italia raccontata attraverso i suoi processi".
«Mi pesa non aver trovato gli assassini dei milanesi Fausto e Iaio» - Spataro e i falsi complotti «Inutile cercare le manone». Il magistrato: sulla giustizia la sinistra è incoerente

MILANO - Aiuto! Un altro libro scritto da un magistrato. E per di più in gran parte su un processo (Abu Omar) che ha istruito. La tentazione di diffidare è forte. Al punto che il procuratore aggiunto milanese Armando Spataro, 61 anni, 34 da pm raccontati ora in 600 pagine edite da Laterza, se lo chiede da solo: ma perché quello che scrivo dovrebbe interessare a chi mi leggerà? La risposta, che ispira poi anche il titolo («Ne valeva la pena»), si affaccia da un poster di Norman Rockwell che Spataro appende in ogni sua stanza di lavoro: una bambina di colore cammina impettita vestita di bianco con i libri in mano, circondata da 4 uomini in divisa di cui non si vede la faccia, accanto a un muro sporcato dai pomodori lanciati e lordato dalla scritta insultante nigger. «C' è tutto» quello di cui Spataro sembra voler riempire il suo libro: «C' è la legge, prima di ogni altra cosa, rappresentata da uomini senza volto la cui identità sta scritta solo nella fascia al braccio», gli agenti federali Marshals Service che nel 1960 su ordine della Corte suprema americana scortavano la bambina di colore Ruby Bridges affinché fosse ammessa alla scuola elementare di New Orleans dove l' apartheid dei bianchi non voleva farla entrare; «c' è l' arroganza di chi mal sopporta la forza della legge e per questo insulta la piccola con la scritta sul muro»; ma «ci sono anche l' orgoglio e il coraggio di chi si affida solo alla legge, procedendo a petto in fuori e a testa alta: pomodori e insulti non sfiorano la bambina, il suo abito resta immacolato». Il processo per il sequestro nel 2003 a Milano dell' imam Abu Omar a opera della Cia, amputato (rispetto al giudizio sui dirigenti dell' allora Sismi) dalla controversa apposizione del segreto di Stato da parte dei governi sia Prodi sia Berlusconi, diventa così non il tema del libro ma solo un filo conduttore, che a capitoli alterni collega quello che gli appare l' attuale «disastro ambientale dei diritti» con la storia dei processi alle Br, alla ' ndrangheta, o al terrorismo fondamentalista islamico istruiti da Spataro in un trentennio. Così in prima battuta il processo Abu Omar serve al pm per dimostrare che si può dissolvere la suggestione di ritenere «flessibili i principi, e ammissibili "zone grigie" in cui i diritti vivono in forma attenuata e in cui diventano lecite, in nome della sicurezza, attività normalmente considerate contra legem». Ma in seconda battuta, ecco ad esempio che le scelte dei governi Prodi e Berlusconi sul segreto di Stato suggeriscono al pm un più generale giudizio sull' approccio alle leggi sulla giustizia delle rispettive coalizioni, «con una differenza però» che per Spataro si risolve in un' aggravante a carico del centrosinistra: «Coerenti rispetto ai programmi politici e alle dichiarazioni ufficiali i comportamenti dei governi Berlusconi, incoerenti e contraddittori quelli del governo Prodi e della maggioranza che li ha sorretti». Alla quale Spataro azzarda una critica politica: «Credo che, nelle intenzioni, quelle leggi dovessero servire a dimostrare l' assenza di qualsiasi sudditanza nei confronti della magistratura cosiddetta giustizialista: evidentemente quella sciocca accusa bruciava e la si riteneva pericolosa per l' esito elettorale». Ma «nonostante la cascata delle leggi approvate con il marchio doc della devastante logica della mediazione a tutti i costi, nata con la Bicamerale, il centrosinistra perse le elezioni» e «gli errori commessi non hanno prodotto alcuna autocritica». A essa Spataro ritiene di richiamare anche una parte sia dell' informazione sia della sua categoria. Nel primo caso una sfilza di vicende (dai delitti Alessandrini e Tobagi al covo br di via Montenevoso fino alla gestione dei pentiti) punta a mostrare «quanto siano prive di fondamento le teorie del complotto», «menzogne sfruttate unicamente per interessi personali o politici», «misteri fasulli che alimentano la caccia a manine e manone», spesso dimenticando «l' eroica normalità delle vittime» sotto «la supponenza degli ex terroristi» (dura la polemica di Spataro con «la logica omertosa» addebitata agli interventi pubblici dell' ex di Prima linea Sergio Segio). E il libro molto ne tratta perché «vorrei rispondere a ogni domanda di chi, in buona fede, crede all' esistenza di misteri inconfessabili». Ma anche in magistratura il pm scorge involontari alleati di quei «governi tra i quali nessuno (sia chiaro) sarà mai disposto ad accettare fino in fondo il ruolo che la costituzione affida alla magistratura». Alleati peraltro agli antipodi tra loro. Da un lato toghe «insofferenti nei confronti del modello di magistrato attento alle condizioni generali in cui opera, al quale molti preferiscono il modello di magistrato burocrate, che pone al primo posto il trattamento economico». Dall' altro lato magistrati (esemplificati da Spataro in quello che chiama il derby del Sud del dicembre 2008 tra le Procure di Catanzaro e Salerno) che, vezzeggiati da «giornalisti in cerca di icone da consacrare, gettano benzina sul fuoco» con iniziative «incapaci di distinguere tra realtà processuali e ipotesi personali». Per Spataro, «il compito dei pm non è formulare ipotesi, specie in atti giudiziari, ma mettere a nudo la realtà con prove inconfutabili. E se ciò non è possibile, il pm si ferma» perché «non è onnipotente, né può forzare la realtà processuale, neppure quando sia convinto di un realtà storica che non riesce a dimostrare. Altrimenti, finirà per favorire quei poteri criminali che si proponeva di contrastare». A sé, invece, Spataro riserva, se non una critica, almeno un rimpianto: «Ancora mi pesa non aver trovato gli autori dell' omicidio di Lorenzo Iannucci e Fausto Tinelli» (Fausto e Iaio del centro sociale Leoncavallo, uccisi nel 1978 due giorni dopo la strage di via Fani): «Vorrei chiedere scusa ai loro genitori, parenti e amici. Anche se non riesco a individuare colpe o superficialità nelle nostre indagini».
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(4 giugno 2010) - Corriere della Sera